getting on with things


Ci sono alcune espressioni inglesi che non hanno un equivalente diretto in italiano. E a mio parere sono quelle che servono a descrivere atteggiamenti tipici del loro carattere. Pensiamo a “hangover”. Solo una popolazione abituata ad ubriacarsi metodicamente ogni venerdì sera può avere il bisogno di un termine specifico per il mal di testa da dopo sbronza. Non che nel resto d’Europa non si beva, ma non con la sistematicità dei britannici, come se volessero sfidare la capacità di durata dei loro fegati. Un’altra espressione è “getting on with things”. Per tradurre questa devo scrivere un semi-saggio e questo è lo scopo del mio post di oggi. Da un lato significa rassegnarsi al fatto che il mondo non è perfetto e quindi bisogna andare avanti accettando ciò che capita. Se la Northern Line si blocca nel tunnel fra Mornington Crescent e Camden Town per l’ennesimo “signal failure” (ma quando li aggiusteranno ‘sti maledetti segnali che continuano a fallire? E di che segnali si tratta??) e sono le nove e tu dovresti essere già al lavoro, invece di scalpitare continui a leggere il giornale, aspettando con calma che il treno riparta. Ma “getting on with things” non è passività. E’ senso pratico. E soprattutto è l’orgoglio che nasce dall’essere capace di non farsi sconvolgere dagli eventi, di non lasciare che le cose brutte o incontrollabili della vita prendano il sopravvento. E questa è una gran cosa.

Penso che dipenda tutto dal tempo. In un paese in cui in cinque minuti puoi passare dalla pioggia battente al sole cocente al vento sferzante, con escursioni termiche di 15 gradi, non poteva che svilupparsi una filosofia di vita più prona ad adattarsi e a reagire ai cambiamenti, anche brutti, senza farne un dramma. Visto che non puoi passare l’esistenza a prevedere il tempo e organizzarti di conseguenza, cerchi di far finta di niente e di continuare a concentrarti sul resto. Pensiamo all’Italia invece. Appena, in una giornata estiva con 30 gradi all’ombra, si avvista una nuvola all’orizzonte, ci si premura subito di mettere in borsa il golfino, l’ombrello e ci si cambia anche le scarpe. Magari si rimanda il picnic. In autunno, appena la temperatura scende sotto i 20 gradi, i bambini vengono intabarrati come se dovessero andare alla conquista del polo. Al momento in Gran Bretagna c’è il diluvio universale ogni due ore, ma la gente – tranne in Yorkshire dove in effetti ci sono stati allagamenti seri – non fa una piega. Tutti in maniche corte e sandali, al massimo si portano l’ombrellino e si riparano nei negozi quando inizia la grandine. In inverno, vedi bambini con dei maglioncini striminziti e gli scolari delle elementari in uniforme con le calzette corte. Eppure la percentuali di britannici che muore di ipotermia durante l’infanzia non mi risulta essere alta…

“Getting on with things” è anche ciò che spiega come mai, malgrado nel giro di due giorni ci siano stati tre falliti attentati terroristici, a Londra le persone sono meno agitate che in Italia, dove tutti pensano che in Gran Bretagna ormai si viva in stato d’assedio. Nessuno qui sottovaluta il problema. Fa paura pensare di non essere più tranquilli da nessuna parte. Prima erano gli aerei ad essere pericolosi, poi la metropolitana, poi i bus, adesso persino i bar e camminare per le strade del centro. Non ci si salva da nessuna parte, nemmeno degli ospedali ti puoi più fidare, visto che la maggiorparte dei terroristi stavolta lavorava per la sanità pubblica. Eppure, Londra va avanti. Come niente fosse. Perché reagire senza troppi drammi è il loro solo modo di sopravvivere. Al tempo, all’imprevedibilità della vita, ai fulmini improvvisi. Rimetti insieme i pezzi e continui, senza fare troppa confusione, senza dare nell’occhio. Questa è una grossa forza, la capacità di non farsi paralizzare. La paura britannica di esprimere troppo le emozioni in questo caso è vincente perché, loro, riescono a non farsi sconvolgere. A continuare. E’ stato terribile “but lets get on now”. Andiamo avanti. Al punto che la mia amica Alex ieri mi ha chiesto se al weekend voglio incontrarla per un drink al Tiger Tiger. “Ma come,” dico io, “non è il posto che doveva saltare in aria l’altro giorno? C’è ancora la polizia fuori!” “Ah già,” fa lei, “ma ha riaperto adesso. Però se preferisci un altro bar…”

Dubito che i terroristi tentino di far esplodere il Tiger Tiger per la seconda volta in una settimana. Ma io, sarà per superstizione, ho chiesto ad Alex di vederci da un’altra parte, in un posto in una vietta laterale dove le macchine non possono parcheggiare. E mi metterò anche gi stivali, in caso piova

One thought on “getting on with things

  1. Gli americani hanno invece coniato il mitico “The show must go on” che, in un certo qual modo, non e’ cosi’ diverso dall’espressione inglese, fatto salvo che riguarda soprattutto l’apparenza piu’ che la sostanza.
    (Serena)

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